Il paesaggio originario greco, con le sue città policentriche ma geograficamente interrelate, i monumenti posti in posizione dominante, le sequenze architettoniche organizzate come preciso contrappunto ad una topografia articolata, sembra costituire il principale filtro attraverso cui Elia Zenghelis si approccia alle possibilità di intervenire nel contemporaneo. L’ipotesi di un “manifesto retroattivo” guida questo scritto attraverso il paesaggio di immagini prodotte negli anni da Zenghelis e dai suoi allievi lasciando risuonare un’attitudine al progetto radicata nell’ascolto dei luoghi e nell’assunzione di responsabilità rispetto ad una loro riscrittura. La complementarità di uno “sguardo archeologico” profondo e di una rara capacità di visione d’insieme rappresenta la cifra distintiva di un metodo che appare quanto mai attuale. Le aspettative legate alla “transizione ecologica”, alimentando la ricerca intorno all’intervento minimo ed imponendo di ragionare per ambiti geografici, costringono inevitabilmente il progetto alla interscalarità, validando il significato più profondo della lezione di Zenghelis.
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