Il volume accentra l’attenzione sull’insediamento diffuso, attraverso lo studio dei manufatti che meglio identificano questo fenomeno nell’altipiano ragusano: le case di campagna, nella fattispecie il tipo più riconoscibile e caratterizzato di esse, la masseria. Esse rappresentano, insieme ai muri a secco, l’aspetto più rimarchevole ed evidente di una strutturazione del territorio, la spia palese degli altri suoi caratteri di eccezionalità. La misura e la qualità di queste case di campagna varia nel tempo, ed evidentemente trovano un momento di più forte elaborazione proprio durante l’Ottocento. Capire quando e come ciò sia successo può costituire un valido contributo a riconoscere la “pacifica eversione del latifondo” del ragusano, così come è stata definita. In questa prospettiva si è cercato di operare due spostamenti rispetto alle ricerche precedentemente condotte sugli stessi argomenti. Lo studio delle fonti. Il territorio che si popola è stato indagato attraverso i documenti storici che lo testimoniano: gli archivi catastali, innanzitutto, che costituiscono a loro modo una radiografia del territorio e delle sue risorse (il Catasto Borbonico del 1846 e il Nuovo Catasto Terreni del 1910); di grande utilità l’archivio di disegni di un agrimensore ragusano dell’800,Giuseppe Puglisi, che opera negli anni a cavallo della redazione del catasto borbonico, tra il 1825 e il 1855. Lo studio dei manufatti. Le masserie dell’altipiano ragusano sono state sottoposte ad indagine diretta attraverso gli strumenti più squisiti della disciplina architettonica, che hanno portato a restituire in disegno quanto rilevato, indagato, appreso. Non esistono, infatti, studi condotti sui documenti catastali che indaghino le trasformazioni del territorio ragusano dal punto di vista dei suoli di case rurali, nè restituzioni in disegni di questi manufatti.
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